La presa di posizione arriva dalla conferenza stampa indetta ieri al ministero della Cultura, dal sottosegretario Vittorio Sgarbi insieme a Rocca.
«La regione Lazio è satura di impianti eolici e fotovoltaici con un forte impatto ambientale. Basta a nuovi progetti – affermano i due – Il paesaggio è l’elemento portante del nostro turismo, il cui fascino richiama in Italia ogni anno milioni di visitatori. Difenderlo, oltre le enunciazioni di principio, significa salvaguardare un elemento importante della nostra economia».
Una posizione che incontra la netta contrarietà degli ambientalisti. «Altro che frenare, nel Lazio è necessario accelerare nella diffusione di pannelli solari e pale eoliche – dichiarano Roberto Scacchi e Stefano Ciafani, rispettivamente presidente di Legambiente Lazio e nazionale – Altrimenti non sarà centrato alcun obiettivo di decarbonizzazione né nel 2030 né mai. Per contrastare le emissioni climalteranti e proteggere l’ambiente, il paesaggio deve cambiare e le ciminiere che lo hanno devastato, devono cedere il passo agli aereogeneratori, perché la devastazione paesaggistica che rischiamo di vedere in modo permanente sul territorio laziale e nazionale, in caso di rallentamento della transizione energetica, è quella causata dalla crisi climatica. Che il territorio del Lazio poi, possa già essere addirittura troppo pieno di energie rinnovabili è chiaramente un enorme errore, in una regione dove la produzione energetica è legata quasi totalmente a fonti termoelettriche».
Gran parte della produzione energetica regionale proviene proprio dalla centrale a carbone di Civitavecchia, che secondo il catasto europeo delle emissioni è il punto emissivo maggiore d’Italia con oltre 8 milioni di tonnellate all’anno di CO2 sprigionata.
Secondo i dati Terna, analizzati da Legambiente nel recente Forum regionale dell’energia, nel Lazio inoltre la produzione complessiva viene per il 77,1% da fonti termoelettriche, per il 12,7% da pannelli solari, per il 9,1% da barriere idroelettriche e solo per l’1,1% da eolico.
«Porre freni a eolico o solare, sarebbe una scelta sbagliata, a sostegno di inquinamento da carbone, metano e oli misti combustibili, in palese contraddizione con quanto richiede l’emergenza climatica sempre più chiara e violenta, e che contrasteremmo con forza – concludono Scacchi e Ciafani – Le pale eoliche poi, si realizzano nei territori battuti dai venti come nel Lazio il viterbese o la bassa provincia di Frosinone, immaginarne in zone senza vento sufficiente è come pensare di costruire dighe idroelettriche nel deserto. Vanno invece pensati campi eolici offshore lungo le coste, così come a terra, dove c’è vento sufficiente e in armonia con i territori, strutturando una funzionale convivenza tra areogeneratori, coltivazioni e pascolo. Allo stesso modo vanno realizzati parchi agrivoltaici e coperture solari su tutta l’edilizia possibile così come a copertura di discariche e siti simili, piuttosto che altre fonti sostenibili come la produzione di biometano da rifiuti organici o l’energia geotermica. Queste, tutte insieme in un necessario mix, sono la chiave della tutela sia del paesaggio che dell’ambiente».
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