«Ho deciso a breve di sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico. Dobbiamo valutare l’utile d’impresa con l’utile sociale e col danno ambientale. Poi questa attività porta lavoro? L’energia rimane in Sicilia? No. La Sicilia – argomenta Schifani – paga un prezzo non dovuto per una risorsa che abbiamo. Il danno e la beffa. E allora intendo discutere col Governo».
Nella fattispecie il “danno ambientale” sarebbe, in una Regione come la Sicilia profondamente segnata dai poli petrolchimici, quello paesaggistico legato al fotovoltaico. Anche se le considerazioni aggiunte da Schifani sembrano concentrarsi più sul profilo economico che su quello ambientale.
«C’è un decreto legislativo – aggiunge nel merito Schifani – che prevede che sul fotovoltaico non possano essere imposte delle royalty però già questi impianti danno il 3% di energia ai Comuni come risarcimento del danno ambientale. Mi chiedo perché non debba essere riconosciuta una quota anche alla Regione siciliana. Dobbiamo trovare una soluzione che consenta al Governo regionale di chiedere a chi intende insediare gli impianti fotovoltaici energia, non soldi, per avere una bolletta più attenuata grazie a ciò che si produce nella regione. La Sicilia paga un danno ambientale dovuto agli impianti».
Osservazioni cui ha risposto oggi, da Verona, il ministro delle Imprese Adolfo Urso: «A Schifani dico che i pannelli solari sono una grande scommessa per la Sicilia. Stiamo realizzando il più grande stabilimento di pannelli solari d’Europa realizzato da una grande azienda come Enel. I pannelli solari sono la grande scommessa soprattutto delle regioni meridionali per realizzare energia rinnovabile e per la Sicilia sono una grande scommessa anche perché creano occupazione».
Di fatto però la buona riuscita di questa “scommessa” passa proprio dalle procedure autorizzative per i nuovi impianti, in capo al Governo e soprattutto alle recalcitranti Regioni.
Se nel corso dell’ultimo anno sono entrati in esercizio solo +3 GW di nuove installazioni rinnovabili, anziché i circa +10 GW che sarebbero necessari per rispettare i target Ue al 2030, gran parte dei motivi stanno nei colli di bottiglia del permitting; tant’è che anche gli incentivi economici distribuiti dal Gse vengono erogati al lumicino, per carenza d’impianti.
Difficoltà che si riscontrano, seppure in misura diversa, anche nel resto d’Europa. Non a caso l’accordo provvisorio raggiunto tra Parlamento e Consiglio Ue sulla nuova direttiva Red prevede di inquadrare la diffusione delle energie rinnovabili come di “interesse pubblico prevalente”, il che limiterà le possibilità di obiezione legale verso i nuovi impianti. Al contempo gli Stati membri saranno inoltre chiamati a definire delle “aree di accelerazione” in cui in progetti di impianti rinnovabili possano essere sottoposti ad un iter di permitting semplificato e rapido; si parla di massimo 12 mesi all’interno di queste aree e non oltre i 24 mesi al di fuori. Ad oggi invece in Italia servono in media 7 anni.
Eppure le proposte progettuali non mancano: a livello nazionale ci sono 340 GW in attesa di autorizzazione. Le procedure di Valutazione d’impatto ambientale (Via) sono divise fra Stato e Regioni sulla base della potenza degli impianti, mal il percorso autorizzativo passa nella quasi totalità dei casi attraverso l’Autorizzazione unica (Au) in capo alle Regioni (quando queste hanno in carico sia la Via che l’Au si parla di Provvedimento autorizzatorio unico regionale, o Paur): in ben 11 casi su 13, come mostra il report di Legambiente Scacco matto alle rinnovabili, è la Regione il soggetto competente in materia di rilascio delle autorizzazioni.
E nell’ultimo anno, in media, solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ricevuto l’autorizzazione regionale. In questo contesto, per Legambiente la Sicilia resta una delle migliori regioni per performance autorizzativa, ma sono comunque ben 194 gli impianti bloccati.
Il tutto mentre paradossalmente, come ricordato da Urso, Enel ha avviato un cantiere da 600 mln di euro per realizzare a Catania la più grande fabbrica di pannelli solari d’Europa, in grado di attivare da sola 2mila posti di lavoro. L’ennesima dimostrazione che le rinnovabili portano lavoro, quando le autorizzazioni arrivano. E anche per far restare l’energia prodotta in loco, in questo caso in Sicilia anziché distribuirla nella rete nazionale, gli strumenti già ci sono pur in attesa di un’auspicata riforma del mercato elettrico. Basti guardare ai Power purchase agreement (Ppa), i contratti a lunga scadenza per la fornitura di energia rinnovabile a prezzo fisso, con risparmi significativi sotto il profilo economico in aggiunta ai vantaggi ambientali.
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