Nonostante sia ancora inverno, nei giorni scorsi la Regione siciliana ha dichiarato lo stato di calamità naturale su tutto il territorio a causa della siccità, che sta mettendo a rischio agricoltura e allevamenti. Ma la crisi climatica in corso minaccia anche le infrastrutture presenti sul territorio, come evidenziato dal Centro studi per il cambiamento climatico (Cscc) promosso da Greenway group ed Ecogest.
«In Sicilia il progressivo processo di riscaldamento è tra i più evidenti non solo in Italia – dichiara il presidente del Cscc, Valerio Molinari – Si tratta di un’area caratterizzata dal clima mediterraneo che, a causa delle problematiche legate al cambiamento climatico, rischia la desertificazione del 70% del suo territorio. È necessario che dalla diagnosi si passi alla cura in maniera rapida attraverso l’innovazione scientifica e tecnica».
Negli ultimi anni si sono verificati circa 175 eventi meteorologici estremi, più di uno al mese, media superiore alle altre regioni d’Italia, di cui 25 solo nel 2022.
Tra periodi di siccità, ondate di calore sempre più intense e la crescente frequenza di fenomeni di pioggia estremi, come le alluvioni lampo, gli strati fertili del suolo e l’ecosistema dell’isola stanno rapidamente cambiando.
Il numero di Comuni interessati dal rischio frana e dal rischio idraulico moderato supera già il 90% del totale (360 su 390 comuni siciliani) che equivale a circa 747,5 kmq di superficie.
Durante i periodi di caldo molto prolungati, l’evaporazione dal mare aumenta e l’acqua si condensa nell’atmosfera, dove prima o poi precipita, dando vita ai fenomeni conosciuti come “bombe d’acqua”.
Il trend previsto per il periodo 2021-2050 indica un aumento generale della temperatura superficiale per le acque marino-costiere della Sicilia compreso tra 1,2°C e 1,3°C e il significativo innalzamento del livello del mare di circa 7cm.
Inoltre, eventi estremi come i tornado, saranno sempre più frequenti a causa della posizione della Sicilia stretta tra i fronti atmosferici africani ed europei in continuo e costante contatto.
Di fronte a questa realtà, oltre ai necessari investimenti sulla transizione ecologica per accelerare l’abbandono dei combustibili fossili – il cui uso comporta l’emissione di gas serra, responsabili della crisi climatica in corso – occorre pensare anche a migliorare la resilienza del territorio, per adattarlo alla quota parte di cambiamenti climatici ormai inevitabile.
«Le soluzioni esistono, e sono molteplici – dichiara Molinari – Innanzitutto, bisogna pianificare e rimodulare la manutenzione supportandola attraverso soluzioni come telecamere online, stazioni meteorologiche, sensori di carico stradale, sistemi telematici avanzati in grado di regolare il flusso del traffico e di evitarne la congestione. Importante anche la scelta di nuovi impianti a verde, che influisce sullo stato di conservazione delle infrastrutture stradali e autostradali. Tra le soluzioni potremmo pensare, per l’esempio, a piante ed alberi autoctoni nei nuovi impianti, razionalizzazione e adeguamento della pianificazione degli interventi di manutenzione, applicazione di nuove tecnologie di studio e controllo alla manutenzione del verde, a partire dai droni e dal monitoraggio continuo dello stato della vegetazione».
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