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Swg, il 50% degli italiani favorevole a un termovalorizzatore entro 10 Km da casa propria

Daje, il neonato comitato nato a sostegno della costruzione di un termovalorizzatore a Roma, ha diffuso un sondaggio Swg – condotto tra il 30 novembre e il 5 dicembre su un campione nazionale – in merito all’opinione degli italiani su questi impianti, e in particolare sull’ipotesi di realizzarne uno ex novo nella Capitale.

Il 52% degli intervistati lungo tutto lo Stivale ha avuto gioco facile nel dire che sì, secondo loro costruire un termovalorizzatore a Roma sarebbe necessario. Il sondaggio non scende purtroppo nel dettaglio di cosa ne pensino i romani nel merito – un dettaglio tutt’altro che trascurabile, viste le sindromi Nimby che attanagliano spesso questi impianti e non solo –, ma offre comunque indicazioni interessanti su come viene percepita oggi questa soluzione impiantistica a livello nazionale.

I risultati del sondaggio mostrano ad esempio i cittadini che considerano i termovalorizzatori molto/abbastanza efficaci nello smaltire grandi quantità di rifiuti (60%), necessari per ridurre il ricorso alle discariche (64%), ma anche dannosi per la salute (33%), per l’ambiente (30%) o più in generale “pericolosi” (22%).

Un quadro in chiaroscuro, su cui spicca però l’opinione dei cittadini intervistati in aree già oggi servite dai termovalorizzatori: considerando sia le esigenze di smaltimento dei rifiuti sia l’impatto sull’ambiente, il 69% dà un giudizio positivo.

La domanda più interessante riguarda però i cittadini che attualmente non abitano vicino ad un termovalorizzatore: se uno di questi impianti venisse costruito nel raggio di 10 Km dove risiede, sarebbe a favore? Il 50% risponde di sì, il 21% no e il 29% non sa.

Si tratta di un risultato in parte coerente con quello emerso da un altro sondaggio condotto quest’anno, e presentato da Ipsos all’Ecoforum 2022 di Legambiente: «Il giudizio sui termovalorizzatori è per lo più positivo (per il 45% degli intervistati, mentre per il 27% negativo, e il 28% non prende posizione, ndr) in quanto al momento viene riconosciuta la loro utilità in attesa di sviluppi tecnologici (che per qualcuno ci sono già stati rendendoli quindi obsoleti) e la loro efficienza ed integrazione con la raccolta differenziata».

A stonare, tra le rilevazioni Ipsos e quelle Swg, è semmai il dato chilometrico. Dall’Ecoforum 2021 è infatti emerso che il 51% degli italiani è disposto a dire sì a nuovi impianti di riciclo (nel caso dei termovalorizzatori si parla invece di recupero energetico, un gradino sotto nella gerarchia europea di gestione rifiuti), ma solo a 10 Km o più dalla propria abitazione. Ovvero, in un Paese dall’alta densità demografica come il nostro, praticamente da nessuna parte.

Oltre a tastare il polso della pubblica percezione, è dunque evidente la necessità di continuare ad intensificare la comunicazione e informazione ambientale su questi temi, in modo da mettere a disposizione dei cittadini dati di qualità e contestualizzati su cui basare i propri orientamenti.

Per quanto riguarda i termovalorizzatori, in prima battuta è dunque utile ricordare che si tratta di impianti industriali che devono sottostare ai rigidi criteri imposti dalle autorizzazioni ambientali rilasciate dall’autorità competente (in genere dalla Regione di appartenenza), tanto che i moderni termovalorizzatori non comportano rischi reali e sostanziali per la salute umana, come mostra un recente studio realizzato per Utilitalia dai Politecnici di Milano e di Torino oltre che dalle Università di Trento e di Roma 3 Tor Vergata.

Con altrettanta franchezza, è opportuno guardare prima alla percorribilità di soluzioni tecnologicamente più avanzate, come quella del riciclo/recupero chimico (si veda ad esempio qui, qui e qui) che permette di ricavare prodotti chimici utili alla transizione ecologica (come idrogeno, metanolo o etanolo) da rifiuti secchi non riciclabili, a fronte di emissioni climalteranti e inquinanti drasticamente ridotte rispetto ai termovalorizzatori.

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