Il provvedimento prevede la possibilità di uccidere fino a orsi all’anno, una scelta definita dal Panda nazionale come «demagogica» e basa «su assunti che la maggioranza degli studi scientifici e delle esperienze internazionali smentiscono».
Lo stesso Pacobace (Piano d’Azione interregionale per la conservazione dell’orso sulle Alpi) non prevede quote di abbattimento minime e massime per la gestione della popolazione di orso sulle Alpi, sebbene riservi la possibilità di uccidere singoli individui problematici.
Per il Wwf, dunque, quella intrapresa dal Trentino è la «strada della “facile” scorciatoia per affrontare nel modo peggiore il tema della convivenza tra uomo e grandi carnivori. L’abbattimento così, invece di rappresentare l’estrema “ratio” da adottare solo in caso di fallimento di altri sistemi e in casi puntuali, diviene l’unica strada che la Provincia autonoma di Trento è in grado di percorrere».
Al contempo, è necessario ricordare che il ddl trentino prende spunto dal rapporto Ispra “La popolazione di orsi del Trentino: analisi demografica a supporto della valutazione delle possibili opzioni gestionali”, le cui analisi hanno portato a individuare le soglie di prelievo massime tali da non avere un impatto negativo sui trend demografici e sulle probabilità di sopravvivenza della popolazione trentina di orso.
I risultati delle simulazioni hanno permesso di individuare la soglia massima di 8 individui in totale, di cui al massimo 6 adulti tra cui 2 femmine riproduttive. Quando questa soglia viene superata, la probabilità di sopravvivenza della popolazione crolla. Parallelamente, non intervenire significherebbe però vedere la popolazione di orsi trentini salire a oltre 250 esemplari in 15 anni, dagli oltre 100 attuali.
In questo contesto, da tempo il Wwf sostiene la necessità di «un approccio basato sulla prevenzione e l’informazione. Nessuna quota di abbattimento può avere maggiore efficacia di investimenti mirati in tal senso, come dimostrato da numerosi contesti internazionali. Investire più risorse in questa direzione porterebbe ad una diminuzione del conflitto anche a fronte di un trend demografico positivo della popolazione di orso, garantendo in questo modo sia la conservazione di una popolazione ancora minacciata, sia un abbassamento del livello di conflittualità con le popolazioni locali».
«Chi oggi delibera l’abbattimento di 8 orsi problematici all’anno – conclude nel merito l’associazione ambientalista – ha fatto troppo poco in questi anni nel campo della prevenzione e della comunicazione. A mancare sono stati un adeguato lavoro di informazione e sensibilizzazione nei confronti delle popolazioni residenti e diffuse e concrete azioni nel campo della prevenzione dei conflitti e dell’insorgenza di comportamenti problematici negli orsi. La responsabilità della frequentazione di alcuni esemplari di orso di centri abitati è di chi non ha assicurato la diffusione di adeguati cassonetti dell’organico a prova di orso. Gli abbattimenti non risolveranno il problema, né dei danni né della presenza di orsi nei centri abitati, e non aumenteranno il senso di sicurezza delle comunità che vivono le montagne trentine».
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