L’idea di circolarità e recupero ha trovato fondamento scientifico a seguito di un incontro occasionale con Fausto Pizzoni, delegato all’innovazione di Cumdi, durante una fiera nazionale della meccanica.
«La domanda di ricerca si è così immediatamente sovrapposta alla disponibilità di competenze e i risultati non hanno tardato ad arrivare già dopo poche settimane, grazie all’abilità dei giovani brillanti ed appassionati ricercatori, gli ingegneri Francesco Lupi e Alessio Pacini», spiega Michele Lanzetta, professore al dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell’Ateneo pisano, coordinatore dello studio.
Gli scarti presi in esame sono quelli che derivano dal processo di rettifica di barre di “metallo duro”, composti principalmente da carburo di tungsteno (WC) e cobalto (Co).
«Il costituente principale, ovvero il carburo di tungsteno – argomenta Lanzetta – costituisce una risorsa fondamentale nell’industria moderna. Grazie alle proprietà di durezza e tenacità, viene utilizzato per realizzare elementi soggetti ad usura e utensili da taglio con settori di applicazione molteplici: automobilistico e trasporti, petrolchimico e minerario, aerospaziale ed elettronico».
Il problema è che la catena di approvvigionamento del tungsteno è dominata dalla produzione dalla Cina (l’82% della produzione globale) e che quasi il 50% del cobalto, fondamentale per la produzione di batterie per veicoli elettrici, proviene dalla Repubblica democratica del Congo. Per questo l’obiettivo dello studio è quello di ridurre fino al 30% il materiale vergine necessario per la produzione di nuovi manufatti, riducendo la dipendenza dalle importazioni e compensando l’assenza di giacimenti di cobalto e tungsteno in Europa, che rappresentano meno del 3% dei giacimenti globali.
«Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il riciclo costituisce una risorsa fondamentale – conclude Lanzetta – La Cumdi aveva intuito da tempo l’enorme valore degli scarti delle lavorazioni di precisione che svolge per conto di aziende di tutto il mondo, senza però avere un metodo efficace che ne permettesse il recupero».
L’articolo Tungsteno e cobalto dagli scarti del metallo duro, grazie a una ricerca dell’Università di Pisa sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.
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